ISLANDA SECONDA PARTE | Viaggio fotografico con Corrado e Luca

Giorno 2

A letto alle 5.30, sveglia alle 8.00 a Grótta Island Lighthouse di fronte al faro; siamo a pochi minuti da Reykiavik. Le raffiche di vento durante la notte facevano traballare il van. Vento tagliente ed onde gelate che si scagliano contro il faro e la casa nera rendono l’atmosfera surreale; tiriamo fuori l’attrezzatura fotografica; i nostri viaggi itineranti sono finalizzati anche a questo; questo sappiamo fare!


La nostra divisa prevede: scaldamuscoli, maglia termica, maglione, giubbotto da guardia costiera norvegese, scaldacollo, berretta, guanti e scarponi; ci giriamo e passa uno strano personaggio con tenuta da maratoneta che corre lungo mare; dev’essere una giornata calda… per loro.
All’orizzonte si scorge solamente una nave rossa, probabilmente un mercantile.


In tarda mattinata ripartiamo e decidiamo di fare la prima razione di spesa: biscotti e zuppa; in Italia probabilmente avremmo mangiato fuori a pranzo con quel conto. Ci dirigiamo verso sud per poi proseguire verso sud-est; passiamo da Kleifarvatn e ci troviamo lungo una strada circondati da luoghi pazzeschi: una miriade di rami fluviali azzurri dei quali ci è sconosciuta la fonte; prati di erba nocciola e piccole alture. Ci fermiamo qualche attimo ad ammirare questo splendido
paesaggio ignari del fatto che ci avrebbe accompagnato per tutto il viaggio.


Nel pomeriggio raggiungiamo Seljalandsfoss, una magnifica cascata che con i suoi 60m di salto offre una vista mozzafiato su una sterminata pianura. Non vogliamo realizzare le solite, seppur bellissime, fotografie e per questo motivo ci arrampichiamo per offrire uno scorcio meno inflazionato nonostante sia -ovviamente- già visto. Luca ed io ci perdiamo volentieri in discorsi profondi che solo i viaggi itineranti, vicini o lontani che siano, ci sanno offrire.


Dopo 200km raggiungiamo Vik, un piccolo paese con un piccolo campeggio. Ok, diciamoci la verità: uno spiazzo di ghiaia aperto a chiunque ma dove chiunque sa che per passare la notte lì deve versare una somma (stranamente in linea con quelle italiane): insomma, nessun controllo ma nessun furto.


Qui c’è una zona attrezzata di cucina, bagni e docce… oro colato!


Scende il buio, vediamo filamenti nel cielo nero. Iniziano a formarsi, diventano verdi, salgono dalle vette dei monti. La nostra prima aurora boreale.
La pelle d’oca ci accompagna per minuti passati con il naso all’insù per ammirare questa meraviglia del creato.

Giorno 3

Ci risvegliamo a Vik, da un lato abbiamo una parete montuosa, dall’altro l’oceano. Non proprio vicinissimo a dire il vero ma nulla ostacola la vista. Decidiamo di far volare il drone mentre parliamo con una ragazza argentina, anche lei in viaggio itinerante con un camper: lei proseguirà verso nord, cosa per noi non fattibile nonostante le gomme chiodate.
Guardiamo dal monitor le immagini che ci trasmette il drone: stormi di uccelli bianchi, monti a sinistra, terreno assolutamente pianeggiante e – a sud – l’oceano ed i faraglioni: entrambi invidiamo quell’aggeggio volante ma siamo felici di portare a casa immagini mozzafiato… ed è solo mattino.


Ci dirigiamo verso “la spiaggia nera”: immaginate onde freddissime che colpiscono e levigano piccolissimi sassi neri vulcanici. Questa è la spiaggia di Reynisfjara.
Un cartello non proprio benaugurante recita “turisti recentemente morti”; non abbiamo letto nel dettaglio per scaramanzia ma sembra avvertire ipassanti del fatto che sia sconsigliabile mettersi in costume sotto ad onde di ghiaccio alte due metri.
Qui si nota, ancora una volta, la possenza della natura islandese: oceano alle nostre spalle, faraglioni a destra, altissime colonne di basalto si stagliano di fronte a noi. Sembrano realizzate da scalpelli usati con maestria eppure sono frutto della costante testardaggine della natura.


A pranzo rientriamo al campeggio/parcheggio. Molto spesso nei paesi nordici, ma non solo, in queste strutture vengono messi a disposizioni i locali per cucinare autonomamente: fornello, rubinetto, tavole ed utili scatole del baratto: vige la regola prendi quel che ti serve e lascia quel che non usi. Per la primavolta dopo 3 giorni facciamo un pranzo decente. Ok, sorvoliamo sul fatto che la pasta è stata condita con olio di colza, ma sempre meglio dei perenni “biscotti digestive”. Cosa avessimo da digerire, poi, non lo sappiamo.


Percorriamo una trentina di km per raggiungere Sólheimasandur, una spiaggia dove il 24 settembre 1973 ha eseguito l’ultimo atterraggio un US Navy Super Douglas DC-3; costretto ad un atterraggio d’emergenza per motivi ancora sconosiuti. Tutto l’equipaggio sopravvisse e parte della carcassa si trova ancora lì. Diciamocelo, lo spazio per l’atterraggio d’emergenza in quest’isola non manca ma tanto di cappello al sangue freddo del pilota!
Dopo una passeggiata su terra nera (tanto per cambiare) raggiungiamo quel che resta del velivolo. Vedere lo scheletro di un aereo lungo 20 metri su una spiaggia deserta, siamo sinceri, mette un po’ di nostalgia e di piacevole ansia.

Islanda, articolo precedente

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